mercoledì 15 giugno 2011

Viaggio onirico a Granada



Granada, elegia umile di Federico Garcìa Lorca


La tua elegia, Granada, la dicono le stelle
che forano dal cielo il nero del tuo cuore.
La dice l'orizzonte perso della tua piana,
la ripete solenne l'edera che si dà
alla muta carezza dell'antico torrione.

La tua elegia,Granada, è silenzio di ruggine,
un silenzio già morto a forza di sognare.
Spezzatosi l'incanto, le tue vene versarono
il profumo immortale che i fiumi trasportarono
in bolle di singulti verso il sonoro mare.

Il rumore dell'acqua è come vecchia polvere
che ti ricopre i merli, e i boschi, e i giardini,
acqua morta che è sangue delle torri ferite,
acqua che è tutta l'anima di mille nebbie fuse
che trasforma le pietre in gigli e in gelsomini.

Oggi, Granada, ti alzi ormai morta per sempre
in tumulo di neve e sudario di sole,
scheletro gigantesco di sultana gloriosa
divorato dai boschi di allori e dai roseti
sul quale veglia e piange il poeta spagnolo.

Oggi, Granada, ti alzi protetta dai cipressi
(fiamme pietrificate dell'antica passione).
Partiti dal tuo seno l'aranceto dorato,
il palmizio estasiato dell'Africa tesoro,
solo resta la neve dell'acqua e il suo canto.

Ombre ormai le tue torri, cenere i tuoi graniti,
il tempo ti distrugge mentre la civiltà
adagia sul tuo ventre divino la sua testa,
e questo ventre un tempo gravido di fierezza,
si oppone anche da morto al sacrilegio di oggi.

Tu che una volta avevi dei torrenti di rose,
e frotte di guerrieri con le bandiere al vento,
minareti di marmo con turbanti di seta,
alveari musicali fra le strade alberate
e stagni come sfingi dell'acqua al firmamento.

Tu che una volta avevi sorgenti profumate
dove bevvero ricche carovane di gente
che in cambio dell'argento ti presentava l'ambra,
sulle cui rive tinte dal colore scarlatto
con stupore le videro gli occhi giunti da oriente.

Tu, la città del sogno e della luna piena,
che ospitasti passioni gigantesche d'amore,
oggi morta, riposi sopra rosse colline
serbando in mezzo all'edera annosa dei tuoi ruderi
l'accento malinconico del tenero usignolo.

Che cosa hanno perduto le tue mura Granada?
Il profumo potente di una razza incantata
che lasciando torrenti di bruma ti ha lasciato.
Forse la tua tristezza è tristezza nativa
e da quando sei nata pensierosa continui
a intrecciare le torri al tempo che è passato?

Oggi, città dolente del cipresso e dell'acqua,
in quest'edera annosa si arresti la mia voce.
Sprofonda i tuoi torrioni! Crolli la vecchia Alhambra
che inaridita e rotta si lamenta sul monte,
ansiosa di sfogliarsi come marmoreo fiore.

Invadono con l'ombra massiccia i tuoi ambienti.
Si scordano la razza virile che ti ha fatto!
Mentre l'uomo il tuo incanto sepolcrale profana,
voglio che tra i tuoi ruderi si addormenti il mio canto
come uccello ferito da cacciatore astrale.



Ho viaggiato nella mia vita veramente tanti viaggi memorabili della fantasia e del sogno, alimentati da letture, musica e immagini non mie.
Con questa poesia di Garcìa Lorca ho visto Granada e mi sono fermata sulle sue pietre antiche, in una visione della città che non risiede nel tempo o nella cornea di alcun visitatore, un'immagine fuggita dallo scrigno del poeta e riesumata in un libro acquistato per caso al costo di €1 in un bazar di napoletani.

Il libro si intitola "Andalusia" e fa parte della collana Le vie del mondo - viaggi d'autore edita dal touring club italia. In questo volume sono presenti anche frammenti di romanzi, racconti e saggi di altri autori famosi quali Cervantes, De Amicis, Savinio, Rushdie, Marinetti e ancora altri, nelle ultime pagine sono citate le fonti da cui sono tratti i frammenti, la poesia di Lorca è tratta da Granada(1931), traduzione di Renato Bruno in Poesie, a cura di Norbert Von Prellwitz.

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Il maestro

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Suonata in giardino

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